“All'alba del 28 dicembre 1943 i sette fratelli Cervi e Quarto Camurri vengono portati al poligono di tiro di Reggio Emilia.
Le guardie li indirizzano verso un muro, davanti al quale vengono allineati. Si abbracciano e si baciano. Ettore piange sommesso. I fratelli gli rivolgono parole di incoraggiamento. Gelindo grida: "Voi ci uccidete, ma noi non morremo mai". Poi la raffica.
Quando caddero, Ettore aveva ventidue anni, Ovidio venticinque, Agostino ventisette, Ferdinando trentadue, Aldo trentaquattro, Antenore trentanove, Gelindo quarantadue”
Da “I fratelli Cervi” di Paolo Nicolai, Editori Riuniti 1974
I Cervi erano una numerosa famiglia di mezzadri originari della bassa reggiana. Oltre al padre Alcide e alla mamma Genoveffa Cocconi, c'erano i sette figli maschi e due figlie femmine, Diomira e Caterina. Poverissimi, i Cervi sono però animati spinti da un forte desiderio di miglioramento e di riscatto sociale. Nel 1934, al momento del trasloco dal podere, imposto dal contratto di mezzadria, i Cervi scelgono di affittare e trasferirsi nel podere dei Campi Rossi, nei pressi di Gattatico, seppur questo versasse in condizioni disastrose.
Una vera sfida poter vivere e lavorare in quelle condizioni, che i Cervi vincono, riuscendo a rendere il podere un modello di agricoltura razionale moderna, grazie anche alle tante ore di studio, trascorse sui libri specializzati e sulla rivista “Riforma sociale” di Luigi Einaudi. Livellano la terra e introducono nuove tecniche per la coltivazione e la rotazione delle colture. Nel 1939 sono i primi nella zona ad acquistare un trattore.
Sul piano ideologico, i Cervi prendono da subito le distanze dal regime. È soprattutto Aldo ad infondere a tutta la famiglia le prime nozioni politiche ed un fiero, convinto antifascismo. Nel carcere di Gaeta, dove era stato rinchiuso per tre anni alla fine degli anni ’20, Aldo aveva avuto occasione di avvicinarsi alla politica, leggendo Marx e Gramsci. Rientrato in famiglia, estende questa esperienza a tutti gli altri fratelli e riesce ad allestire una vera e propria biblioteca ambulante, con i libri che erano proibiti dal regime fascista.
Quando le restrizioni alla libertà di azione e di parola si fanno più stringenti, i Cervi passano ad azioni dirette contro le imposizioni del regime, sabotando le linee dell’alta tensione che alimentavano l’industria bellica reggiana, diffondendo clandestinamente volantini antifascisti, andando di casa in casa a distribuire e commentare L’Unità.
Casa Cervi diventa così una casa di latitanza, dove si organizza e concentra l’opposizione al regime. Diversi sono gli attentati contro i presidi fascisti nel Reggiano, da cui si riescono a ricavare cibo e armi, indispensabili per ospitare ai Campi Rossi i numerosi renitenti alla leva che dopo l’8 settembre si rifiutano di riprendere le armi e i tanti alleati, in maggioranza sovietici, sfuggiti ai nazisti. Tra questi non ricordiamo Dante Castellucci, comandante Facio, futuro protagonista della Resistenza in Lunigiana.
I fascisti non tardarono a stroncare l’intensa attività sovversiva della famiglia: all’alba del 25 novembre 1943, un plotone di militi circondò Casa Cervi, mettendola a ferro e fuoco. I sette fratelli, il padre Alcide, il compagno di lotta Quarto Camurri, vengono catturati e condotti al carcere dei Servi di Reggio Emilia. Tutti gli stranieri ospiti della famiglia, compreso Dante Castellucci che si spaccia per francese, verranno invece trasferiti nelle carceri di Parma.
Il padre non verrà neppure avvisato della fucilazione dei figli il 28 dicembre 1943, accusati di aver cospirato per l’uccisione del segretario comunale di Bagnolo del Piano (RE).
“Dopo un raccolto ne viene un altro, bisogna andare avanti”. Queste le parole del vecchio Alcide, quando, tornato dal carcere, la moglie lo informa della tragica fine dei suoi ragazzi. Con Genoeffa, le quattro nuore e dieci nipotini riprende a lavorare per ricostruire la casa e condurre la terra. Il 10 ottobre 1944 i fascisti tornano a distruggere quel che i Cervi avevano ricostruito. Genoeffa non regge il colpo e muore il mese successivo. Alcide resiste: premiato con la medaglia d’oro per il sacrificio suo e dei suoi figli, scriverà sulla sua storia un libro e viaggerà di paese in paese, rappresentando la Resistenza italiana, partecipando alle grandi manifestazioni politiche, partigiane ed antifasciste, coltivando il seme della libertà.
"Mi hanno sempre detto 'tu sei una quercia che ha cresciuto sette rami, e quelli sono stati falciati, e la quercia non è morta' la figura è bella e qualche volta piango. Ma guardate il seme, perché la quercia morirà, e non sarà buona nemmeno per il fuoco. Se volete capire la mia famiglia, guardate il seme. Il nostro seme è l'ideale nella testa dell'uomo"
Oggi, la vicenda dei fratelli Cervi è ricordata da libri, film e documentari. A loro è dedicato il Museo Cervi presso l'Istituto Alcide Cervi di Gattatico (RE), che organizza eventi e promuove attività didattiche. Oggi, il museo ricorda il 73° anniversario della fucilazione dei fratelli Cervi con una cerimonia commemorativa.
IL FILM: I sette fratelli Cervi, di Gianni Puccini
Per un'anteprima, clicca quiEndFragment
IL LIBRO: I fratelli Cervi, di Paolo Nicolai (Editori Riuniti 1974)
Fonti sitografiche:
http://www.patriaindipendente.it/persone-e-luoghi/servizi/28-dicembre-tanti-anni-dopo/
http://www.anpireggioemilia.it/agenda-della-resistenza/1944-29-dicembre-eccidio-7-fratelli-cervi/
http://www.anpireggioemilia.it/agenda-della-resistenza/1944-29-dicembre-eccidio-7-fratelli-cervi/
http://www.anpi.it/luoghi-di-memoria/1/museo-cervi
http://www.anpi.it/donne-e-uomini/972/alcide-papa-cervi