Il termine “Giusti tra le nazioni” (in ebraico: Chasidei Umot HaOlam, colui che applica la legge di Dio) indica i non-ebrei che hanno rischiato la propria vita per salvare anche un solo ebreo dalla Shoah.
Il conferimento di questo titolo è legato all’approvazione nel 1953 da parte della Knesset, il Parlamento Israeliano, di una legge sulla memoria dei martiri e degli eroi, con la quale venne istituito il memoriale di Yad Vashem a Gerusalemme. Dagli anni ’60 lo Yad Vashem opera come commissione indipendente di giudizio per l’individuazione dei Giusti, tramite una complessa procedura d’indagine che interessa le nazioni in cui i Giusti si mossero per salvare la vita degli ebrei. Chi viene riconosciuto Giusto tra le nazioni, viene insignito di una speciale medaglia, riceve un certificato d'onore ed il privilegio di vedere inciso il proprio nome sul Muro d’Onore nel Giardino dei Giusti, presso il museo Yad Vashem. Ad ogni Giusto viene poi dedicata la piantumazione di un albero, poiché tale pratica nella tradizione ebraica indica il desiderio di ricordo eterno per una persona cara. Ai Giusti inoltre viene conferita la cittadinanza onoraria dello Stato di Israele.
Fino al gennaio 2012 sono stati concessi 24.355 riconoscimenti a cittadini europei attivi nell’opera di salvataggio degli ebrei. Di essi 524 sono italiani. Nonostante le leggi razziali del '38 emanate dal fascismo e il ruolo aberrante svolto dalla Repubblica sociale di Mussolini nella persecuzione degli ebrei e nelle deportazioni, molti italiani pur consci del pericolo cui si esponevano, salvarono la vita a ebrei italiani e stranieri. Tra il '43 e il '45, secondo i calcoli di Michele Sarfatti, Studioso della persecuzione antiebraica e della storia degli ebrei in Italia nel XX secolo, gli ebrei perseguitati che non vennero deportati o uccisi in Italia furono circa 35.000. Circa 500 di essi riuscirono a rifugiarsi nell’Italia meridionale; 5500-6000 riuscirono a rifugiarsi in Svizzera (ma per lo meno altri 250-300 furono arrestati prima di raggiungerla o dopo esserne stati respinti); gli altri 29.000 vissero in clandestinità nelle campagne e nelle città, grazie all'aiuto di tanti italiani che opposero una "resistenza non armata" alla barbarie tedesca e fascista.
In Italia, le figure simbolo della solidarietà laica verso i perseguitati sono il questore di Fiume, Giovanni Palatucci, che attraverso la falsificazione dei documenti mise in salvo gli ebrei della città, pagando con la vita nel carcere di Dachau il suo eroismo e Giorgio Perlasca, che, fingendosi console spagnolo, rilasciò falsi salvacondotti e riuscì a mettere in salvo oltre 5200 ebrei ungheresi.
A questi due giusti famosi vogliamo aggiungere oggi la storia particolare di Gino Bartali, ripromettendoci di approfondire la storia di altri Giusti italiani nel giorno della loro celebrazione annuale, il 6 marzo.
Il grande campione, che ha segnato un’intera epoca della storia italiana con i suoi trionfi e la sua rivalità con Fausto Coppi, operò più che attivamente per salvare la vita degli ebrei perseguitati dal regime. Cattolico devoto, Bartali agì in collaborazione con il rabbino di Firenze Nathan Cassuto e l'arcivescovo della città Elia Angelo Dalla Costa. Il suo compito era quello di passare nel Duomo di Firenze e recuperare nella cassetta dell’elemosina le foto di ebrei che bisognava dotare di documenti falsi. Bartali nascondeva le foto nella canna della bicicletta e partiva alla volta di Assisi. Lì lo attendevano le suore clarisse del Convento di San Quirico, una vera e propria Arca di Noé, che già ospitava e nascondeva ebrei e perseguitati politici. Il convento era collegato ad una tipografia che preparava clandestinamente documenti di identità: con le foto portate da Bartali si preparavano così nuovi falsi, che il campione riportava poi a Firenze, sempre nascosti nella canna della bicicletta. La sua fama era tale che nessuno poteva sospettare di lui e del resto i ripetuti viaggi potevano ben figurare come allenamenti. Tra il settembre del 1943 e il giugno del 1944, Bartali effettuò circa 30 viaggi, lungo il percorso Firenze-Assisi-Firenze per salvare gli ebrei. Il 23 settembre 2013, 13 anni dopo la sua morte, lo Yad Vashem ha dichiarato l’asso del ciclismo 'Giusto tra le nazioni'.
“Il bene si fa, ma non si dice. E certe medaglie si appendono all'anima, non alla giacca”.
Gino Bartali