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Il Partigiano Amos, una storia di Elisabetta Salvatori

"Riomagno è in Versilia.

Rimane a fondovalle, a monte del paese di Seravezza.

Una strisciolina di terra, tra due monti.

In mezzo ci passa il fiume: il Serra,

e a fianco a questo due strade:

un vecchia

e una più recente,

sono le vie che portano alle cave."

Elisabetta Salvatori nasce in Versilia. Dopo la formazione artistica, inizia a scrivere racconti e storie di vita vissuta, di sentimenti, dolori e passioni. A rendere uniche le sue narrazioni è il linguaggio che utilizza: intimo, reale e semplice.

"Non conoscevo la storia di Amos, mi è stata raccontata da tante voci diverse: da chi l'ha conosciuto, e da chi ne ha custodito la memoria pur non avendolo mai avvicinato.

Mi è stata raccontata con le cadenze poetiche e graffianti della parlata versiliese, questo dialetto che si spiega per immagini, che ti sembra di vederle le cose che dici [...] Raccontare, è tramandare e far rivivere e il mio desiderio era quello: riportare dove canticchiando saliva e scendeva il partigiano Amos."




Il Partigiano Amos, descritto da Elisabetta Salvatori, è un ragazzo allegro, "con la musica nel sangue", sveglio e precoce fin da bambino. A causa della poliomielite, contratta durante l'infanzia, crebbe senza poter utilizzare le gambe.

Amos Paoli ebbe una famiglia solida alle spalle, che gli permise di vivere con disinvoltura nonostante la disabilità.

Fece prima il calzolaio, poi iniziò a lavorare in una segheria.


Nel 1943 l'Italia era nel caos e i combattimenti si facevano sempre più violenti. Amos Paoli compì 26 anni. Fu la prima staffetta di Gino Lombardi, che creò il primo gruppo partigiano. La carrozzina, sulla quale era costretto, divenne la sua forza: lì nascondeva armi, munizioni, medicinali e documenti.


Il Partigiano Amos divenne una risorsa molto preziosa per il suo gruppo: considerato innocuo per il suo aspetto, più di una volta i tedeschi, incontrandolo, gli avevano offerto una sigaretta.


Dopo la morte di Gino Lombardi, il 21 aprile 1944, la situazione precipitò: sia il padre che i fratelli di Amos iniziarono a militare con i partigiani e la sua casa divenne un punto di riferimento per il gruppo.

La notte del 24 giugno ci fu un rastrellamento in casa Paoli e Amos, dichiarandosi unico partigiano per proteggere la famiglia, fu portato via e giustiziato pubblicamente tre giorni dopo, il 27 giugno 1944.


"Morì così il partigiano Amos

Morì così, nella certezza

che il suo sacrificio non fosse vano...

e non lo fu!"



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