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LA STRAGE DI SANT'ANNA - Natalina Bottari

Torniamo oggi a condividere le testimonianze della Strage di Sant'Anna di Stazzema, portandovi quella di Natalina Bottari, al tempo ventiduenne .

Leggendo le sue parole, possiamo vedere quanta sofferenza può un evento drammatico come questa follia comportare nella vita di una persona sia nel breve che nel lungo periodo, stravolgendo presente e futuro, macchiando irreversibilmente la loro concezione del mondo.

Il racconto, accompagnato dalle fotografie di Oliviero Toscani, è disponibile, insieme agli altri precedentemente proposti, presso il Museo Storico della Resistenza di Sant'Anna.

La mattina, mi ricordo, alle sette, sono arrivati i tedeschi, hanno buttato, noi si diceva, il lanciafiamme, per fa’ vede che erino arrivati.

Una mia amica che andava a Pontestazzemese, (ora non si vede niente, ma allora c’era tutto bello pulito) ha visto questi soldati. È ritornata indietro, c’ha avvertito, e gli uomini sono andati nei boschi, e noi siamo state lì, perché – dicevano – se venghino e non trovino nessuno bruciano le case. E invece sono venuti, armati, così cattivi! C’hanno messe tutte al muro.

Erimo una 26, 27. Io avevo una bambina di nove mesi, chi n’aveva due. C’hanno piazzato la mitraglia lì davanti, per esse uccise tutte lì. Un comandante è venuto di sopra in giù, ha gridato “Rausse, Rausse!”, e noi tutte un grido, perché si pensava “Ora ci ammazzino”. Invece lui gl’ha detto di lasciarci. C’hanno preso, n’avevimo uno davanti e uno dietro, c’hanno fatto passà fra le case che bruciavano già. Fumo, fiamme, i bimbi che piangevano, tutte in fila così, per portarci a Valdicastello.


Io a un certo punto ho visto la casa dei miei genitori, che proprio in quel momento gli andette giù il tetto… e le gambe mi…

Sentivo sparare, ma pensavo, io abitavo a Sennari, una frazione in là, pensavo che facessero come avevin fatto a noi.


Dopo tanto, li vidi passà tutti, li vidi andà via, sentivo la mitraglia… sparare… e io piangevo… e la mi’ bambina… Ma un mi potevo muovere. Sentii una vocina che mi chiamava. Era una signora di Farnocchia, che era sfollata qui, era sotto una grotta, era venuta a vede se i tedeschi eran sempre lì.

Mi faceva cenno che andassi con lei… e gli dissi “Un posso camminare”, e allora venne lei, mi prese la bambina e su, si andò sotto a questa grotta, tutto il giorno sono stata sotto a questa grotta, erimo 5 o 6, anco più, una grotta che ci si stava proprio appena.

La sera ci son venuti a cercare gli omini. Quando sono arrivata su, ho saputo che il mi’ marito me l’avevino preso alla Culla, lui e un altro, lì vicino a me. Il babbo e la mamma e il fratellino di otto anni… me l’avevino uccisi.


Ho fatto una vita sempre di pianti, a ventidue anni m’è finito tutto… la vita è finita.

Che massa di gente sulla piazza! Neri come questi.

C’era un odore… Sotto la strada c’erano anche pecore: tutte le bestie l’avevino ammazzate come i cristiani.

C’era un puzzo enorme, che un si resistiva.

E dopo, la sera, siamo dovuti sortire di lì, dal paese, perché era una zona nera, siamo andati giù, in una casetta, sopra a Valdicastello. In terra… così, sul pavimento. Siamo stati così. Poi è venuta la zia, e lo zio, che stava a Monteggiori, e m’hanno portato via, sono stata giù con loro. Poi dovettimo riscappare anche di lì, perché vennero i tedeschi a buttà all’aria i ponti e sicchè ritornai su. S’andette a stà sotto una grotta perché le case l’avevino bruciate. Nella mia c’erino stati e un l’avevino bruciata. E poi, dopo, non so quanto tempo siamo stati sotto a questa grotta, siamo venuti a casa. Sono venuta lì, da sola. Il marito me l’hanno impiccato a San Terenzio a Monte.

Dopo 13 mesi ho saputo la fine che aveva fatto.

La casa era tutta tirata all’aria, spaccata. Dove andavo, con una bambina di nove mesi? C’avevo una sorella, ma aveva due figlie, una che aveva due mesi in più della mia, e una tre anni.

Il marito gli s’ammalò, c’aveva un fratello ma gliel’avevin portato in Germania. Sicchè, io ero là,… ho fatto una vita… ho patito freddo, fame, non sapevo cosa dare alla mi’ bambina.

Ce n’è troppe, gliel’ho detto…


Quando vedo anche què bimbi, che l’ammazzino, io un li posso guardà perché mi viene da piange.

Sono rimasta così scioccata, che anche quando sento un tedesco, quando andavo, ora un viaggio più, ma andavo di qua e di là, a me il sangue dalla testa m’andava a’ piedi……. Non li posso soffrì.


Qui un è venuto nessuno.

Neanche i paesi vicini a dire “Come fate? ce la fate?”

Per fa una cena… nessuno.

Si rimase abbandonati proprio da tutti.




Per me è come se fosse successo poco tempo fa.

È tanti anni, è 60 anni, ma ho tutto nella memoria…. Tutto.


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