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24-25 Luglio 1943: l'ordine del giorno Grandi - La caduta di Mussolini


Resto del Carlino 25 Luglio 1943

Nella notte tra il 24 ed il 25 Luglio 1943 venne convocato il Gran Consiglio del Fascismo, organo supremo del regime presieduto da Mussolini, per discutere l’ordine del giorno Grandi, politico moderato. Questo documento avrebbe sancito la caduta del Duce e mise in moto quegli avvenimenti che avrebbero portato alla proclamazione dell’armistizio con gli alleati.

Questa riunione era la prima dal 1939, quando il consiglio venne convocato per decidere se l’Italia doveva mantenersi neutrale nella guerra appena iniziata; dopo questa data Mussolini prese tutte le decisioni senza più consultarsi con i suoi gerarchi, forse per la paura di essere contrastato dai suoi stessi “alleati”. Questi, a metà Luglio 1943, gli domandarono di convocare una nuova assemblea per discutere dell’andamento della guerra e gli chiesero di restituire una parte dei poteri al Re, in particolar modo il comando supremo delle forze armate, così da condividere parte della responsabilità del conflitto con la Monarchia, dato che il 10 Luglio le forze alleate erano sbarcate in Sicilia, il 19 bombardarono per la prima volta Roma ed Hitler, che avrebbe dovuto fornire a Mussolini armi e mezzi per continuare la guerra, nel loro incontro avvenuto a Feltre non permise al Duce di parlare e quindi le sue richieste si persero nell’aria.

La riunione ebbe inizio alle 17 nella Sala del pappagallo a Palazzo Venezia, che per l’occasione non venne allestita come solito (non erano presenti nemmeno i 12 moschettieri che costituivano la Guardia d’onore), ma c’erano numerosi agenti in borghese e nel cortile si trovavano diversi soldati delle Camicie Nere. Quel giorno erano presenti tutti e 28 i membri del Gran Consiglio, escludendo Mussolini, in uniforme fascista con sahariana nera: i Quadrumviri, che erano i veterani della marcia su Roma, i principali ministri del Governo, il Presidente del Tribunale Speciale, quello dell’Accademia d’Italia, il Comandante della Milizia Volontaria, le Camicie Nere, i Presidenti del Senato e della Camera dei Fasci e delle Corporazioni, che sostituiva quella dei Deputati, il Segretario del Partito Fascista ed altri membri scelti per meriti speciali che rimanevano in carica per 3 anni. Il Duce fu l’ultimo ad entrare e, nel suo diario, l’economista Alberto De Stefani descrisse la sua entrata come silenziosa ed in attesa di qualcosa ma che non esprimeva emozioni. Altri scrissero che aveva l’espressione come di qualcuno che era già rassegnato alla resa dei conti ormai divenuta inevitabile.

Di quello che avvenne quella sera/notte ci sono giunti molti resoconti, pervenutici dai diari di chi vi prese parte perché Grandi richiese la presenza di uno stenografo ma Mussolini lo vietò; alcuni sono discordanti tra di loro, ma sicuramente l’assemblea ebbe inizio con un lungo discorso del Duce che sembrò quasi un’autodifesa, in cui parlò degli ultimi anni di guerra e cercò di prevenire ed arginare le critiche dicendo che era disposto a cambiare la struttura del Governo e del Partito. Parlarono poi altri gerarchi e verso le 21 prese la parola il Presidente della Camera Dino Grandi, che aveva portato con sé 2 bombe a mano nella valigetta, e, dopo aver esposto il suo ordine del giorno, chiese di metterlo ai voti: il Duce doveva rimettere i suoi poteri al Re, rinunciare al comando supremo delle forze armate e ripristinare la Costituzione, che all’epoca era lo Statuto Albertino (redatto nel 1848 dal Re Carlo Alberto di Savoia e che rimase valido fino al biennio 1944-1946, quando fu adottato un regime costituzionale transitorio fino all’entrata in vigore della Costituzione il 1 Gennaio 1948). Mussolini era già al corrente del contenuto del documento perché Grandi glielo aveva mostrato già qualche giorno prima, perciò la sua reazione fu minima. Alcuni dei gerarchi più intransigenti erano favorevoli ad un passo indietro da parte del Duce ma volevano anche continuare la guerra al fianco di Hitler; subito dopo, infatti, venne proposto da Farinacci un secondo ordine del giorno per riconsegnare i poteri al Re ma continuare il conflitto accanto all’alleato tedesco.

Dino Grandi

Alle 23 la riunione era ancora in corso e si decise quindi di fare una pausa di mezzora che in realtà durò 45 minuti, durante i quali i Grandi fece girare il suo documento, che era già stato firmato da alcuni gerarchi, riuscendo ad ottenere 20 firme su 28 presenti.


Rientrati in sala, la riunione proseguì con diversi interventi, tra cui quello del Capo delle Camicie Nere che sembrò volesse minacciare chi si opponeva al potere di Mussolini. Il Duce a sua volta replicò e poi parlò il Presidente del Partito Fascista, Scorza, che propose un terzo ordine del giorno che prevedeva, invece che un abbandono delle cariche a favore del Re, un rimpasto degli uomini al Governo e la continuazione del conflitto al fianco della Germania.

A questo punto, come solito alla conclusione di queste riunioni, tutti si aspettavano che Mussolini redigesse un documento riassuntivo dei vari punti principali degli ordini del giorno esposti, che poi avrebbe ricevuto l’unanimità di voti. In questo modo probabilmente avrebbe ottenuto l’approvazione di un documento in cui gli veniva chiesto solamente un rimpasto di uomini all’interno della classe dirigente del Partito e del Governo.

Alle 2:30, con grande sorpresa di tutti, Mussolini decise che era ora di concludere ed il primo documento che si doveva votare era quello di Grandi che ottenne 19 voti favorevoli (Acerbo, Albini, Alfieri, Balella, Bastianini, Bignardi, Bottai, Cianetti che ritirò il suo voto il giorno successivo, Ciano, De Bono, de Marsico, De Stefani, De Vecchi, Federzoni, Gottardi, Grandi, Marinelli, Pareschi, Rossoni), 8 contrari (Biggini, Buffarini-Guidi, Frattari, Galbiati, Farinacci, Polverelli, Scorza, Tringali Casanova), e un astenuto (Suardo). Il Duce, dopo aver chiesto chi avrebbe portato il documento al Re, aggiunse: ”Signori, con questo documento voi avete aperto la crisi del Regime!”.

La mattina del 25, uno dei firmatari dell’ordine Grandi era già pronto a ritrattare il suo voto e Mussolini era convinto che anche altri avrebbero fatto lo stesso, e per questo non era troppo preoccupato di questo esito. Chiese quindi un’udienza al Re per riferirgli della decisione presa dal Gran Consiglio ma non sapeva che Grandi era già andato da alcuni membri della corte per comunicargli la sfiducia e che quell’esito era ciò che il Re stava aspettando. Quando, infatti, il Duce si recò a Villa Savoia il 25 Luglio, dopo aver parlato con il Re, Vittorio Emanuele III gli comunicò che era sollevato dall’incarico di capo del Governo e sostituito dal Maresciallo Pietro Badoglio. Quando uscì dal palazzo, i carabinieri lo attendevano; fu caricato su un’ambulanza per non destare sospetti e portato in una caserma di Roma. Una lettera del maresciallo lo informava che quelle precauzioni erano solamente per proteggerlo e che poteva andare dove preferiva, ma in realtà era prigioniero e, dopo vari spostamenti fu portato in un albergo a Campo Imperatore sul Gran Sasso.

Badoglio sciolse il Governo fascista e l’8 Settembre proclamò l’armistizio con gli alleati; il 12 Mussolini venne liberato da un gruppo di paracadutisti tedeschi e sei giorni dopo nacque la Repubblica di Salò.


Post scriptum:


Molti storici, avvocati e politici negli anni a seguire si sono interrogati sulla validità di questo documento perché alcuni gerarchi ne contestarono la legalità ed accusarono i firmatari di aver attuato un colpo di Stato. Questi, però, respinsero l’accusa perché Mussolini era a conoscenza del testo dell’ordine Grandi già da qualche giorno quando venne presentato e, mettendolo ai voti, gli conferì un valore legale.

Coloro che firmarono la proposta nei giorni successivi si nascosero o fuggirono da Roma, ma le Camicie Nere risposero senza violenza all’arresto di Mussolini ed alla fine del Partito fascista. Fu solo dopo la nascita della Repubblica di Salò che, con l’aiuto delle truppe tedesche già presenti in Italia, iniziò la caccia ai firmatari. Molti di loro erano già fuggiti, perciò ne vennero catturati solo 6 e, tranne Tullio Cianetti che aveva ritrattato il suo voto già il 25 mattina, vennero tutti condannati a morte per fucilazione nel corso del “processo di Verona”. La sentenza venne eseguita l’11 Gennaio 1944 e tra le vittime c’era anche Galeazzo Ciano, marito di Edda Mussolini, primogenita del Duce.

Il testo completo e l’originale dell’ordine del girono Grandi vennero pubblicati nel 1965 dalla rivista Epoca, grazie al ritrovamento dei documenti conservati da Nicola De Cesare che era stato il segretario personale di Mussolini nel 1943.


Fonti:

  • www.anpi.it

  • www.wikipedia.it

  • www.wikisource.org

  • www.memoriadibologna.comune.bologna.it

  • www.dispi.unisi.it

  • www.ilpost.it


Filmati Rai:

  • http://www.raistoria.rai.it/articoli/fascismo-1943-la-seduta-del-gran-consiglio/6765/default.aspx

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