Negli anni quaranta la repressione fascista e gli innumerevoli bombardamenti aglo -americani, il popolo era stremato dal carovita, dalle macerie delle bombe e dalla scarsità dei prodotti alimentari.
La mattina del 19 il popolo si raccolse davanti Palazzo Comitini all'epoca sede della Prefettura, in protesta per reclamare il cibo, il lavoro, la pace e la ricostruzione dei palazzi sventrati. Quella mattina il palazzo si presentava serrato, il grande portone era sbarrato, la folla era infuriata iniziò a lanciare pietre e legni, ma, anziché il pane e la pace ottennero il piombo, a mezzogiorno il popolo venne falciato dalle scariche della fucileria, dalle bombe a mano.
Il generale Giuseppe Castellano comandante della divisione Sabauda, da cui dipendevano i militari del 139° Reggimento Fanteria ordinò di sparare ad altezza d’uomo.
Furono uccise 24 persone e ferite 158; fu uno degli eccidi più crudeli della storia di Sicilia, oscurata a lungo dall'omertà, insabbiamenti e depistaggi. Il mondo politico dimenticò per troppi anni la “Strage del Pane” nonostante le diverse testimonianze lasciate dai testimoni che hanno vissuto la strage personalmente. Come non ricordare la testimonianza rilasciata (1944) dal leader siciliano del Partito d’Azione, Vincenzo Purpura “i primi a sparare furono,senza dubbio, i soldati, che poi lanciarono alcune bombe a mano.”
Il 22 Febbraio 1947 furono riconosciuti responsabili solamente di “eccesso colposo di legittima difesa” e non doversi procedere nei loro confronti essendo il reato estinto per amnistia. Una sentenza che non rese giustizia alle vittime e alla verità.
In ricordo delle vittime è stata eretta una lapide sulla quale sono incisi i nomi essa è stata collocata nell'atrio di Palazzo Comitini.