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Un piatto dei nostri Nonni: La Polenta Gialla

Un tempo le persone vivevano con ciò che offriva loro la natura; la lavorazione dei campi era un’attività che si svolgeva quotidianamente. Le famiglie erano numerose i figli stessi venivano impegnati nella lavorazione del terreno con le proprie forze, il tutto era finalizzato per mantenimento della propria famiglia, così mi raccontava Simonelli Iole (1922); un’anziana a signora del paese di Colla piccola località del comune di Fivizzano; la sua era una famiglia numerosa erano in sette fratelli e sorelle. La tradizionale Polenta Gialla la imparò dai suoi genitori e a sua volta la proponeva come pranzo domenicale per la sua famiglia; ancora oggi mio padre né ricorda con sorriso di questa ricetta e con aria divertita pone il confronto tra i comportamenti di della nostra generazione e la sua, riporta sempre l’esempio dell’aringa “Una volta con l’Aringa si mangiava in cinque e invece oggi il cibo non basta mai!”. Forse la sua osservazione non è del tutto sbagliata oggi noi abbiamo comodità e “vizi” che all’epoca non c’erano o non ci si poteva permettere economicamente di averne, ci si accontentava di poco e quando si mangiava Polenta Gialla e Aringa era festa grande!

Si coltivava ogni genere di alimento dall’orto per avere verdura, i frutti di stagione e chi poteva possedeva anche il bestiame, come mucche o pecore da cui si ottenevano i derivati come il formaggio, la ricotta e svariati saluti come le carni; insomma la vita all’epoca era fatta di tutto ciò. Le semine e le raccolte avvenivano rispettando il seguire delle stagioni e rispettando il calendario lunare.

Tra i prodotti che seminavano c’era il così nominato Granon (Granone) o Fermenton il diletto cambia a seconda delle zone; in italiano è conosciuto come Granturco. Da questo si raccoglievano le Pannocchie esse venivano messe in grandi sacchi; le signore del paese si raccoglievano tutte insieme per aiutarsi a vicenda e tra una chiacchierata e l’altra piano piano “sgranavano” le pannocchie. I chicchi di grano venivano stesi su delle grandi stuoie per “Decantare” un po’, questo procedimento richiedeva dai cinque ai sei giorni. Una volta asciugato bene i chicchi venivano portati al mulino dove si ricavava la Farina Gialla.

Qui apro una parentesi: avvenivano i vari scambi di favore, chi aveva aiutato o collaborato durante la semina o la sgranatura del grano veniva ricompensato con un sacchetto di farina, all’epoca non vi erano tanti soldi e la gente si aiutava a vicenda e ricompensava dando all’altro ciò che aveva: i propri prodotti. Con il granturco oltre ad ottenere la Farina Gialla si potevano utilizzare le foglie, il così noto “Pagliericcio” queste una volta asciutte e quindi o secche venivano inserite in gradi gusti di stoffa per ricavarne i materassi.

Con la Farina Gialla si poteva fare la Polenta; quest’ultima si ricavava mettendo una grande pentola riempita di acqua sul fuoco e via via si aggiungeva la farina setacciata contemporaneamente si mescolava lentamente e in continuazione con un mestolo di legno; ciò che si otteneva era un impasto cremoso. La polenta veniva rovesciata su un vassoio al centro della tavola e tagliata con uno spago dove ognuno prendeva la propria porzione.

Quando ricorreva una festa si andava o al mercato o qualche fiera della zona e si comprava l’Aringa, un grande pesce affumicato; quest’ultima si metteva al centro della tavola assieme alla polenta immersa nell’olio di propria produzione. Ognuno inzuppava la propria polenta nell’olio aromatizzato dal pesce che vi era immerso. Finito l’olio si divideva l’arringa in parti uguali; la domeniche erano caratterizzate anche in questo, dalle semplici cose, era un modo per tenere la famiglia unita e là dove c’era la povertà si riscopriva la ricchezza dei propri prodotti.

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