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5 maggio 1944, Intervista a Ilva Fiorini

Mommio – Sassalbo (MS)

Il 5 maggio del 1944 nasce un’importante rastrellamento da parte dei tedeschi nelle zone di comunicazione con il parmense, attraverso la statale della Cisa e il passo del Cerreto, lungo la Linea Gotica. Nasce una resistenza sempre più minacciosa, costituita importanti azioni, possiedono una ricca scorta di munizioni, fanno incursioni frequenti sulla statale 63 appena fuori Fivizzano, il tutto è incoraggiato dai fascisti locali.

La sera del 4 maggio, circa due mila uomini, appartenenti al Reparto esplorante della Divisione Hermann Göring e ai battaglioni 905 e 906 della centotrentacinquesima Brigata da Fortezza guidati dal colonnello Almers con il supporto di una compagnia di bersaglieri, una compagnia del genio e una della Marina sono affiancate da una decina di unità reclutate fra la Gnr, la Guardia di Finanza e il reggimento San Marco, divisi in tre colonne provenienti da Massa, La Spezia e Reggio Emilia attraverso il Passo del Cerreto, circondano la Valle del Rosaro.

I partigiani di Sassalbo, guidati dal comunista Almo Bertolini, “Oriol”, riescono a dirigersi verso il monte La Nuda, mentre gli abitanti riescono a sfuggire al rastrellamento, una parte trovano sicurezza nei boschi del monte Casarola, un’altra parte si dirigono verso le valli del Taverone e del Lucido.

A Mommio la formazione partigiana di Marini è sorpresa dai tedeschi molti membri del gruppo rimangono nelle mani nemiche. Il ritrovamento nelle case di Mommio del materiale dei paracadutisti caduti nella notte precedente viene considerata dai tedeschi una prova della complicità del paese con la resistenza e decreta la condanna a morte dei suoi abitanti: i civili sono rastrellati, in parte saranno deportati nel campo di Marinella, tappa intermedia del viaggio verso la Germania, in parte sono fucilati nella piazza del paese insieme ai partigiani catturati, tre dei quali sono impiccati ed esposti a lungo al pubblico nella piazza principale di Fivizzano, i più sfortunati sono bruciati vivi nelle loro abitazioni nel gigantesco rogo appiccato dai rastrellatori (70 case sulle 72 esistenti sono distrutte). Il rastrellamento prosegue ancora per alcuni giorni, mietendo altre vittime fra gli inermi contadini della zona.

Fotografia dell'incendio appicato dai Tedeschi durante il rastrellamento

Vi proponiamo una serie di interviste da “E poi è arrivato il diavolo” rilasciata da alcuni superstiti, parenti dei testimoni del rastrellamento avvenuto il 4 maggio 1944 nelle zone del Cerreto di Fivizzano. La prima intervista che vi proponiamo è di Ilva Fiorini una signora anziana che con gli occhi lucidi e tanta commozione ricorda l’episodio che vede coinvolto proprio suo marito arrestato e poi ucciso dai tedeschi per avere informazioni sui partigiani. Proseguiremo la rubrica con altre testimonianze proponendo il ricordo di Olivio Capelli attraverso le parole del figlio Pietro.

Ilva Fiorini

Di che anno è lei?

Sono nata l’8 maggio del 21’

Mi racconti dell’arresto di suo marito?

Avevamo le pecore però mio marito non poteva fare questo mestiere perché subito dopo che ci siamo sposati è arrivato un telegramma che doveva rientrare nel corpo a cuneo da maresciallo tornava a casa due o tre giorni in licenza una volta è tornato a casa a piedi da cuneo in borghese è tornato a casa il 27 settembre e il 4 maggio l’hanno preso a casa Giannino e una sera ci hanno chiamato perché aveva un cavallo e un baroccio siamo statti avvisati dal padrone di casa mio marito è stato arrestato, l’indomani l’abbiamo trovato morto, io non c’ho più parlato. Noi non siamo di Fivizzano veniamo da Lucca, siamo arrivati a casa Giannino percorrendo la strada più lunga quella dei monti , abbiamo incontrato il diavolo. L’ hanno portato via quella sera e l’indomani l ho trovato sottoterra lui e mio cugino,mi è stato detto dove si trovava da una persona del posto, e devo ringraziare questa persona senno non l’avrei mai ritrovato.

Mio cugino era di Sassalbo precisamente cugino di mio padre si chiamava Pietrelli Giuseppe.

Cos’è successo a suo marito, Olivio Capelli?

Quando l’hanno preso sono scappati tutti dalla paura il padrone di casa si era nascosto in un forno del cimitero.

L’hanno preso perché gli serviva il carretto?

No il carretto non gli serviva perché il giorno dopo la sua morte sono arrivati due militari hanno preso la cavalla e il baroccio, ci hanno messo sopra sia io che i miei figli e c hanno portato a casa.

L’hanno preso per sapere dov’ erano nascosti i partigiani ma lui non lo sapeva non c’erano i partigiani li da noi, hanno preso tutti quelli che hanno incontrato.

Avevo 23 anni quando è morto mio marito e sono rimasta sola con i miei figli.

Suo cugino dove abitava?

Abitava sotto l’albergo di casa Giannino la sua famiglia è stata li diversi anni poi si sono trasferiti giù in Toscana.

Ci racconti un pochino il lavoro che svolgevate con le pecore di transumanza?

Con le pecore in inverno non si poteva stare qua e cosi si prendeva le pecore e si andava a Bibbona vicino a Livorno ci si metteva 8 giorni all’incirca e poi tornavamo verso maggio aprile quando il tempo ti permetteva di portare le pecore nelle campagne e farle mangiare

Lei è rimasta vedova e quanti figli aveva?

Ne avevo due e ero incinta di uno il babbo è morto di Maggio e il bimbo è nato a Dicembre

Si sapeva in giro dei rastrellamenti o è stata una cosa improvvisa?

Qua è stata una cosa improvvisa, in giro c’erano prendevano gli uomini e li portavano a Busano, e un po’ all’estero.

Avevate avuto rapporti con i partigiani?

No, non avevamo nessun rapporto con i partigiano c’erano ma erano nelle campagne non stavano in casa anche quando sono venuti a fare i rastrellamenti di partigiani non ne hanno incontrati erano tutti fuori, in quel momento piuttosto che andare a fare la carriera da militare si buttavano nei boschi a fare quello che magari non era giusto.

Perché non era giusto?

E perché hanno ucciso tanta gente che pensava diversamente da loro. Quando hanno bruciato il paese di Mommio, io l’ho saputo il giorno dopo in queste zone ci sono stati tanti morti in quei giorni.

Si pensa che tutte queste stragi siano colpa dei partigiani più che dei tedeschi lei cosa ne pensa?

Non glielo dico cosa penso, io non posso dire niente dei partigiani perché in casa mia c’erano solo i tedeschi e i fascisti non so dire se hanno fatto bene o fatto male , credo che la morte di mio marito sia colpa dei tedeschi ce ne erano alcuni per esempio uno che stava a Castelnuovo che aveva nascosto due abitanti in una corriera per salvarli e questo mi spi9ega tante cose perché poteva salvare anche mio marito.

La notte che hanno ucciso mio marito sulla strada che da casa Giannino va al passo ne hanno uccisi 18 c’era stata una strage, anche giù in paese a Sassalbo ne avevano uccisi qualcuno.

C’erano dei momenti che non erano mica tanto delicati, per esempio il corpo di mio marito l’ho dovuto portare al cimitero un anno dopo perché non si poteva viaggiare per le strade con tutta quella confusione che c era.

“Bisogna viverle determinate situazioni, quando si è in certe acque non è facile uscirne.”

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