L’antica arte della lavorazione del vimine sta andando scomparendo con il passare del tempo, con questo breve articolo la vogliamo ricordare. Nel nostro territorio il mestiere del viminaio era diffuso soprattutto nelle zone di Barga, Sassalbo (Fivizzano) e a Villafranca ma anche nei paesini circostanti di Carrara e Massa.
In un primo momento i rami del vimini vengono tagliati rispettando il punto preciso della potatura, là dove si ramifica, di solito questa avviene in primavera quando la corteccia è più morbida ed il ramo viene pulito con facilità. Una volta ripuliti i rami subiscono l’essiccamento, questo a durata di circa un mese successivamente vengono immersi nell’acqua per dodici ore il tempo necessario per renderli più morbidi e flessibili.
La scelta dei rami di vimini va in base alla grandezza, con i vari intrecci si possono realizzare ceste come le “capagnate” erano dei grossi contenitori circolari, realizzati con le “vette” di salice o di castagno, legati con il vimini, queste ceste erano utilizzate per il trasporto a spalle del fieno. Con la lavorazione del vimine si potevano costruire le sedie mentre con i rami più piccoli si rivestivano i fiaschi e le damigiane, in passato si producevano scolapiatti, scolapasta. Venivano realizzati anche gli attrezzi per la lavorazione dei terreni basti pensare alla “cavagnada” o alla “benna”.
La manualità, la precisione e la tecnica più erano perfezionate, più consentivano di realizzare anche decorazioni particolari, come disegni decorativi o altri effetti formali, sfruttando i diversi valori cromatici delle bacchette.
Le fasi di lavorazione del vimine le si possono riassumere così:
Taglio: le bacchette di vetrice veniva effettuato con la “roncola” o “falcino”.
Decorticamento: le vette venivano tagliate longitudinalmente con l’attrezzo “raparola”.
Rinverdimento: le fascine venivano messe in bagno nell’acqua per circa 12 ore.
Intrecciatura: si iniziava nel realizzare la parte sottostante del manufatti.
Rifinitura: veniva eseguita con una piccola “roncola” ripieghevole e un pezzo di legno ritagliato. Il taglio del vimini veniva eseguito principalmente dalle donne e dai bambini provvedevano ad effettuare anche il loro trasporto.
Tradizionalmente viene impiegato come fibra tessile per la produzione di vari oggetti di uso comune tra cui cesti e sedie; i rametti più corti e scartati vengono utilizzati per la legatura dei tranci di vite.
La tecnica dell’intreccio oltre ad essere impegnata nella costruzione dei manufatti di uso domestico o agricolo era utile per la pesca delle anguille durante il periodo estivo. Con le lamelle ricavate con la “roncola” dalle vette di castagno i viminai costruivano dei graticci posti nello sbocco finale del “nicciar”, particolare imbrigliatura delle acque ottenuta costruendo a secco uno o più muretti di sasso.
Attualmente la tecnica dell’intreccio e un’antica arte che va scomparendo, appartiene a persone anziane che continuano nelle varie manifestazioni a far vedere come si realizzano i vari manufatti.
Fotografie Lavorazione del Vimine